Lo Spazio aperto/Spazio Pubblico è divenuto uno dei principali operatori del tentativo di superare il processo di crisi della città e della sua natura oggettuale moderna. Una città continuamente interessata da eventi trasformativi a molti livelli. Siano essi fatti che incidono sulla sua tenuta organica quotidiana come la congestione e il degrado, o pratiche di recupero filologico della sua entità fisica e percettiva; o riflessioni sui suoi usi emergenti, come il turismo, l'arrivo di popolazioni esterne e l'imporsi di funzioni disruptive o i grandi programmi di rigenerazione e sviluppo. La tesi centrale di questo studio è che l'emergenza del tema del disegno dei cosiddetti spazi aperti assuma centralità nel dibattito architettonico degli Anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Sotto la spinta di una convergenza di specifici interessi disciplinari e di un rinnovato ottimismo verso il potere trasformativo del progetto urbano. L'ultima frazione del Novecento vede il progetto del “vuoto tra i volumi” o “dello sfondo dove i volumi interagiscono tra loro” o, meglio, “del vuoto quale matrice del principio insediativo” come campo privilegiato di speculazione teorica e sperimentazione progettuale. Spingono a tale riflessione occasioni strutturali quali: l'avvenuta maturazione dei fenomeni di dismissione di aree precedentemente occupate dall'industria manifatturiera, che si rendono immediatamente disponibili nella loro vasta dimensione aperta. Una sopraggiunta coscienza della fragilità degli ecosistemi ambientali ed urbani. Un interesse crescente per interventi puntuali ma altamente efficaci di agopuntura urbana e diriappropriazione di spazi obsoleti o sino ad allora considerati dimensionalmente troppo residuali per meritareun ridisegno. Una diffusa attribuzione di valore alle qualità topologiche del vuoto.
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