Serve una rivoluzione di testa più che di modelli. È il solo modo per dare un senso a ciò che stiamo vivendo. Per quanto interessante e provocatorio, non sarà lo Smart working, di per sé, che cambierà il grigiore delle prevenzioni e delle paure in sospeso, né renderà automaticamente belle e innovative da solo le nostre organizzazioni. Ma può insegnare che cambiare è possibile, e probabilmente anche molto interessante, così da ridare una dignità maggiore al lavoro, sfruttando quanto la vita, le relazioni e le emozioni di questi tempi hanno costretto tutti a capire. La normalità ereditata è inservibile, in prospettiva, con le sue liturgie, gli strumenti e le forme di riconoscimento formali codificate negli anni. E i capi, soprattutto quelli che reggono le posizioni di comando nelle terre di mezzo, o si attrezzano in fretta per rimettersi all’altezza della complessità dei compiti che li aspettano, o saranno loro che diventeranno presto il problema da affrontare.
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