Tecla ha trentotto anni ed è un'anima inquieta. Sicilianissima di nascita e di formazione è costretta ad abbandonare la sua terra e la ricerca di lavoro la conduce a Firenze. È un'insegnante precaria. Avverte, sin dal suo arrivo, il bisogno di riflettere sulla sua condizione esistenziale e professionale, sui suoi amori, sulla famiglia e sui sogni delusi. Inizia quindi a scrivere sulle pagine di un diario, che da semplice compagnia si trasforma, poco a poco, in un interlocutore necessario, grazie al quale la visione della propria vita da precaria si estende alle tante altre esperienze altrui, corrispondenti e complementari. A far da cornice alle giornate e alle notti di Tecla, una città incantevole ma malinconica, che Tecla impara a conoscere sulle ruote della sua bicicletta, compiendo contemporaneamente passi avanti verso la maturità, e passi indietro verso la bambina e la giovane donna che è stata nella sua Sicilia. Il mondo della scuola con le sue contraddizioni, le lavatrici a gettoni, gli ortaggi in bella vista al supermercato incarnano, allo stesso tempo, la solitudine e la ricchezza del quotidiano: mezzi entrambi necessari perché Tecla possa affacciarsi a nuove opportunità e a nuove prove da superare a tu per tu con se stessa, sulle proprie gambe ma con la consapevolezza di condividerle con un'intera generazione.
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